TEST GENETICO NUTRIZIONALE – NUTRIRSI IN SALUTE

Le intolleranze alimentari sempre più frequenti possono essere il sintomo di un malessere generale dell’organismo dovuto a vari fattori: alimentazione squilibrata, stress, abuso di farmaci, flora batterica intestinale. In certi casi diventa necessario capire più nel profondo se il soggetto è più a rischio di patologie più o meno gravi.

 

Perché fare un teste genetico e quindi analizzare il DNA?

 

Il DNA è il nostro corredo genetico in cui sono “scritte” tutte le informazioni, tra cui anche se siamo predisposti o meno ad una patologia, se siamo intolleranti o meno ad un certo alimento.

Quindi attraverso l’analisi del DNA sarà possibile capire se ci sono dismetabolismi, predisposizione a malattie e/o intolleranze alimentari e l’obiettivo principale è programmare una dieta più personalizzata possibile al fine di migliorare/prevenire stato di salute e benessere generale del paziente.

La Nutrigenetica è una branca della genetica che si propone di indagare quanto la predisposizione di un individuo possa influire sullo stato di salute in base al tipo di alimentazione che assume ed ai suoi bisogni nutrizionali. Studia pertanto l’impatto che il profilo genetico individuale (genotipo) ha sul funzionamento di tutto il processo metabolico dalle proteine vettrici, agli enzimi, all’assorbimento dei nutrienti ed alle problematiche legate al trasporto o accumulo di alimenti.

A questo proposito attraverso il test genetico GENEFOOD TEST ALTAMEDICA , laboratorio di genetica medica certificato a cui mi affiderò, saremo in grado di avere risposte su eventuale predisposizione a patologie e quindi alterazioni metaboliche quali:

  • Predisposizione all’insulino-resistenza (diabete)
  • Predisposizione a malattie cardiovascolari
  • Intolleranza al lattosio
  • Sensibilità al glutine e quindi approfondire attraverso altre indagini e al team di medici con cui collaboro (gastroenterologo/endocrinologo, ecc) se c’è o meno patologia celiaca
  • Sensibilità ai solfiti, caffeina, nichel, ecc
  • Carenze vitaminiche/minerali

Il test genetico non sarà consigliato a tutti, ma a tutti quei pazienti più a rischio di patologie/alterazioni metaboliche quali ad esempio obesità, ipercolesterolemia, diabete, eccetera e/o suscettibili ad intolleranze alimentari.

Il test sarà consigliato dopo valutazione nutrizionale in collaborazione con team polispecialistico al fine di garantire al paziente la massima professionalità.

Il test sarà eseguito in collaborazione con laboratorio di genetica medica – Altamedica Roma e ci sono tre livelli di test, dipenderà da paziente a paziente.

Come si esegue?

Il test non è invasivo ed è indolore, sarà prelevato un campione di saliva e il laboratorio di genetica medica referterà il tutto in circa 3 settimane.

Dopo il referto attraverso percorso di educazione alimentare saremo in grado di promuovere un’alimentazione personalizzata, mirata con gli alimenti consigliati e sconsigliati nello specifico caso al fine di migliorare salute, senza rinunciare alla buona tavola.

Dott.ssa Simona Dongiovanni

Dietista e Nutrizionista

GMF Medical Center, Viale Somalia 33A, 00199 Roma

Per ulteriori info o prenotazioni: 0686391386

RADIOFREQUENZA BIPOLARE CON VACUUM

La radiofrequenza bipolare con vacuum è un nuovo macchinario utilizzato in medicina estetica che associa la radiofrequenza al vacuum altro dispositivo molto utilizzato in medicina estetica. Prenota on line una valutazione medica estetica.

L’associazione delle due tecnologie è molto proficua sia sul viso che soprattutto sul corpo in quanto sono potenziati gli effetti sia della radiofrequenza che del vacuum.

Il trattamento di radiofrequenza con vacuum sul viso opera un profondo ringiovanimento del derma stimolando la produzione di fibre di collagene che si riducono con il passare del tempo. Grazie all’aggiunta del vacuum verrà anche potenziata la stimolazione della circolazione già indotta dal calore della radiofrequenza, con conseguente maggiore apporto di ossigeno ai tessuti e smaltimento delle tossine. Il vacuum ha anche una azione di stimolazione del sistema linfatico.

La pelle risulterà quindi visibilmente più tonica, più distesa, più compatta sia superficialmente che profondamente grazie alla contrazione delle fibre di collagene indotta dal calore.

Le indicazioni più specifiche all’utilizzo di questo macchinario sul volto sono:

-Rughe superficiali del viso

-Zampe di gallina

-Guance rilassate

-Pieghe nasolabiali evidenti

-Contorni del viso poco definiti

-Collo rilassato o rugoso

-Pori dilatati

E’ anche possibile utilizzare questo macchinario su tutto il corpo per contrastare gli inestetismi della cosiddetta “cellulite” e migliorare le zone di lassità cutanea soprattutto nell’interno braccia, nell’interno coscia, e sulla pancia. Prenota on line una valutazione medica estetica.

Le sedute non sono assolutamente dolorose, non si utilizzano aghi ed hanno una durata variabile a seconda della zona da trattare da 20 fino anche a 60 minuti nelle zone più estese del corpo. Dopo l’applicazione di un gel verrà passato un manipolo ed effettuato un massaggio seguendo alcune regole in base alla zona trattata. A parte un leggero arrossamento che può comparire nelle pelli particolarmente sensibili immediatamente dopo il trattamento e scompare nei minuti successivi non ci sono effetti collaterali.

Normalmente si consiglia di effettuare un ciclo di 5 trattamenti a distanza di 3/4 settimane uno dall’altro e poi eseguire delle sedute di mantenimento.  Naturalmente l’indicazione generale viene poi personalizzata dallo specialista in base alle esigenze del paziente.

Riassumendo, la radiofrequenza bipolare con vacuum è un ottimo trattamento per:

-ringiovanire volto e collo rendendo la pelle più tonica, distesa e compatta.

-migliorare le lassità di tutto il corpo.

-migliorare gli inestetismi della cosiddetta “cellulite”.

-Ridurre gli edemi.

I vantaggi rispetto ad altre tecniche utilizzate in medicina estetica sono: l’assenza di dolore, l’assenza di preparazione specifica al trattamento, l’assenza di un decorso post trattamento e la possibilità immediata di ritornare alle normali attività di tutti i giorni.

 

Dott.ssa Roberta Leone

Medicina estetica

GMF Medical Center, Viale Somalia 33A, 00199 Roma

Per ulteriori info o prenotazioni: 0686391386 o 3337831426

Infertilità maschile: MYOXSYS, il nuovo test non invasivo per valutare lo stress ossidativo e l’efficacia della terapia medica

L’infertilità maschile è un problema sociale sottostimato e al quale si pone pochissima attenzione. In realtà la sua incidenza cresce anno dopo anno e ha raggiunto livelli elevatissimi. Se pensiamo che fino a qualche anno fa l’infertilità veniva considerato come un problema solamente femminile, oggi viceversa sappiamo benissimo che l’infertilità è una patologia della coppia e il fattore maschile ha un’incidenza esattamente sovrapponibile a quella della donna. Secondo i più recenti dati dell’Istituto Superiore di Sanità il 15% delle coppie soffre di infertilità con una ripartizione equa tra uomo e donna (20% riconducibile a cause di entrambi i partner).

Il fattore maschile deve quindi essere preso molto attentamente in considerazione e i nostri sforzi di ricerca dovrebbero essere concentrati su questo tema; secondo un recente studio dell’Università di Hebrew in Israele, il calo dei parametri del liquido seminale a livello mondiale si attesterebbe ad 1,4% per anno. Sicuramente negli anni la cultura sta cambiando, ed anche gli uomini stanno cominciando a controllare la loro salute maschile con l’aiuto degli urologi ed andrologi. Ad oggi un test importantissimo per il controllo della propria fertilità risulta essere l’esame del liquido seminale (spermiogramma) che, se ben condotto, può offrici tantissime informazioni. Risulta però ancora insufficiente a stabilire con certezza la fertilità maschile e soprattutto le cause che ne sono alla base. Secondo le Linee Guida Europee di Urologia (European Association of Urology) ancora il 30% delle cause di infertilità maschile non sono conosciute. Viceversa, tra le cause conosciute, riportiamo il varicocele, i fattori ormonali e quelli genetici.

Un’altra importantissima carenza è la terapia, soprattutto quando ci troviamo di fronte ad infertilità da cause sconosciute. Nella pratica clinica ciò che viene abitualmente proposto è: la terapia ormonale, con tutti gli effetti collaterali connessi e la dubbia efficacia, ma soprattutto la terapia nutraceutica con integratori alimentari a base di antiossidanti che riducono i radicali liberi e i ROS (specie reattive dell’ossigeno). Gli integratori alimentari sono globalmente prescritti per la loro maneggevolezza, i bassi costi, la mancanza di effetti collaterali e l’efficacia documentata da diversi studi clinici. Le sostanze più comunemente utilizzate sono le carnitine, lo zinco, il selenio, le vitamine, i bioflavonoidi, il Coenzima Q10 e tantissime altre. Risulta però di vitale importanza ribadire che per la sua corretta produzione e maturazione, il liquido seminale necessita di un corretto quantitativo di ROS e radicali liberi. La non corretta prescrizione degli antiossidanti è quindi in grado, di fronte ad una troppo imponente riduzione dello stress ossidativo, di creare un danno alla nostra fertilità. E’ quindi mandatorio cercare di mantenere un perfetto equilibrio tra produzione ed eliminazione di radicali mantenendo un corretto bilancio dello stress ossidativo. Il dosaggio di questo equilibrio, finemente regolato, può aiutarci nella corretta prescrizione della terapia e risulta ad oggi ancora oggetto di studi, mentre diverse metodiche sono state realizzate con scarsa attendibilità. Recentemente, dopo numerosissimi studi, l’azienda americana Aytu ha reso disponibile uno strumento molto attendibile ma soprattutto di facilissimo uso e dai costi sostenibili.

Il sistema MiOXSYS utilizza il test del potenziale di ossidoriduzione statica (sORP) per misurare lo stress ossidativo sul campione di sperma. Il vantaggio di questo test consiste nel fatto che prende in considerazione sia l’attività degli ossidanti che quella degli antiossidanti, fornendo una misurazione totale dello stress ossidativo, senza la preparazione del campione. In aggiunta ai parametri standard del liquido seminale (spermiogramma) è in grado di valutare il danno effettivo che il liquido seminale sta subendo ad opera dei radicali liberi e delle specie reattive dell’ossigeno (ROS). Questa informazione è particolarmente utile in quanto, basandosi sul principio del perfetto equilibrio della quantità dei radicali liberi, una terapia antiossidante prescritta in maniera empirica potrebbe anche risultare dannosa alla fertilità maschile. Monitorando, viceversa, il livello di stress ossidativo con il MiOXSYS, saremo in grado di controllare l’efficacia e la reale utilità della terapia, senza fare danni. Il test è semplicissimo e si effettua sul liquido seminale, entro 30 minuti dalla sua emissione. Una piccola parte dello sperma viene applicata su un sensore che viene inserito nell’analizzatore. La macchina dopo solo 2 minuti sarà in grado di dare l’esito del test e di quantificate lo stress ossidativo. Risulta quindi assolutamente consigliabile, al giorno d’oggi, integrare le comuni informazioni dello spermiogramma e della frammentazione del DNA (DFI) con questo utile test allo scopo di caratterizzare meglio la fertilità maschile ma soprattutto per meglio gestire la terapia medica.

Dott. Gian Maria Busetto

Specialista in Urologia ed Andrologia

GMF Medical Center, Viale Somalia 33A, 00199 Roma

Per ulteriori info o prenotazioni: 0686391386 o 3337831426

 

Il test MiOXSYS è disponibile presso il nostro centro al prezzo di 150€ e può essere pianificato in qualunque giornata.

BPCO E MALATTIE POLMONARI INDOTTE DAL FUMO

INTRODUZIONE
12 milioni di fumatori, cioè quasi un italiano su 4, 1 su 10 fra i minorenni; fra i 70000 e gli 83000 decessi per anno nel Belpaese, un quarto dei quali fra i 35 ed i 65 anni di età; 6 milioni di morti dovute al fumo in tutto il Mondo ogni anno, 600000 delle quali dovute al fumo passivo: è questo il bilancio degli effetti del fumo di sigaretta sulla salute umana.
Il fumo di sigaretta porta a danni molto seri, peggiorando la qualità della vita ed aumentando significativamente le probabilità di soffrire di patologie potenzialmente letali: infarto e malattie cardiovascolari (prenota un ECG), ictus e demenza, ipertensione (prenota una visita cardiologica), cancro polmonare, vescicale e del cavo orale (prenota una laringoscopia); riduce la fertilità ed aumenta l’incidenza dell’impotenza (prenota una visita andrologica); facilita lo sviluppo di malattie infiammatorie pressoché in tutto l’organismo; collabora a scatenare patologie respiratorie tipiche: la fibrosi polmonare idiopatica, la bronchiolite respiratoria, le interstiziopatie polmonari; peggiora drasticamente i sintomi dell’asma bronchiale, portando a danni irreversibili ed alla perdita di efficacia delle terapie inalatorie (prenota una visita pneumologica).
La malattia più strettamente dovuta al fumo è la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO, COPD in lingua inglese), che da sola conduce a circa il 50% di tutte le morti per cause primitivamente respiratorie. Si tratta di una sindrome dove sono contemporaneamente presenti l’infiammazione dei bronchi (bronchite cronica) e la distruzione più o meno grave della struttura dei polmoni (enfisema polmonare).
Il fumo agisce direttamente nella formazione di questi danni, perché contiene una quantità molto elevata di diverse sostanze in grado di alterare le funzionalità cellulari, inducendo modifiche permanenti delle strutture bronchiali e polmonari; i danni creati negli anni di fumo, quindi, non possono essere recuperati: è solo possibile rallentarne la progressione smettendo immediatamente di fumare.
La probabilità di sviluppare questa patologia è nettamente maggiore nei fumatori attivi, ed aumenta con gli anni di fumo ed il numero di sigarette fumate, ma è importante sapere che anche chi fuma poche sigarette al giorno può sviluppare la malattia se vi è predisposto geneticamente. Chi è esposto al fumo passivo, seppur con minore probabilità, può sviluppare la patologia. Se al fumo si aggiunge una qualità dell’aria scadente, come sempre più spesso e per periodi più lunghi accade nelle nostre città, i danni si fanno ancora più ingenti.

EPIDEMIOLOGIA
In Italia il 10% degli abitanti, ed il 15% di quelli con più di 50 anni, soffrono di BPCO. Tradizionalmente considerata una malattia più frequente nel sesso maschile, la BPCO è una malattia trasversale, e l’incidenza nel sesso femminile è in aumento.

CLINICA
I sintomi principali sono spesso considerati quasi scontati in chi ha una storia di fumo: la “tosse del fumatore”, spesso catarrosa soprattutto al mattino; la mancanza di fiato che peggiora con gli anni; difficoltà, spesso insidiosa, nel dormire perfettamente supino; episodi spesso frequenti di bronchiti, anche nei periodi dell’anno dove è meno probabile ammalarsi, con cambiamenti della quantità e del colore del catarro, e con un decorso tendente a complicarsi o a durare a lungo; stanchezza, difficoltà di concentrazione, in particolare nei pazienti più giovani, laddove gli anziani spesso presentano perdita di peso, in particolare a carico della massa muscolare; frequente ricorso a terapie come antibiotici, sedativi della tosse, mucolitici ed aerosol, spesso auto – prescritti (prenota una visita pneumologica).
In altri casi, il malato presenta un evento acuto, in cui l’affanno, la tosse e le difficoltà respiratorie sono tali da portarlo a recarsi in pronto soccorso: è la cosiddetta riacutizzazione di malattia, che spesso può portare a diversi giorni di ricovero, alla prescrizione dell’ossigeno ed è legata ad un chiaro peggioramento della qualità della vita ed alla riduzione della quantità di vita residua, oltre ad esporre il paziente a tutte le possibili complicanze di un ricovero in Ospedale: infezioni ospedaliere, allettamento, piaghe da decubito.

DIAGNOSI
La diagnosi di BPCO, su un sospetto spesso sollevato dal medico di medicina generale, vede nella figura dello Pneumologo il medico di riferimento: infatti non esistono due malati identici, ognuno ha bisogno di un inquadramento e di una terapia personalizzati. Analisi del sangue, radiografia standard del torace sono esami di base: lo Pneumologo provvederà a raccogliere la storia clinica, indagare i sintomi, studiare la funzione respiratoria con una spirometria (prenota una spirometria) ed eventualmente suggerirà un completamento con una TC del torace, una pletismografia corporea per meglio studiare i volumi polmonari, un’emogasanalisi nel sospetto di insufficienza respiratoria (prenota una visita pneumologica).

TERAPIA
Una volta raggiunta la diagnosi il paziente, in base alla sua storia ed alla sua situazione, riceverà il trattamento più adeguato: misure di prevenzione, per evitare le riacutizzazioni e contenere la progressione della malattia; farmaci specifici, con broncodilatatori e cortisonici per via inalatoria; indicazione ad eseguire cicli di riabilitazione.

Alla luce delle gravi conseguenze che il fumo, e conseguentemente la BPCO e le altre patologie respiratorie possono avere sulla qualità e quantità di vita, è strettamente necessario smettere di fumare. Le alternative moderne (sigaretta elettronica, dispositivi che scaldano il tabacco) non possono essere considerate sicure. Tutte le persone che fumano, o hanno fumato, in particolare se hanno familiarità per patologie respiratorie (soprattutto se ad esordio giovanile), neoplasie polmonari, lavorano o hanno lavorato in professioni con esposizione a noti inquinanti a trasmissione aerea, e che presentano sintomi anche lievi, possono potenzialmente trarre beneficio dal colloquio con uno Pneumologo, per inquadrare la loro situazione, pianificare i successivi passi in base alle probabilità di soffrire di una patologia ben definita, ed essere aiutati a spegnere definitivamente la sigaretta (prenota una visita con uno specialista pneumologo).

Dott. Bruno Iovene

Specialista in Pneumologia

GMF Medical Center, Viale Somalia 33A, 00199 Roma

Per ulteriori info o prenotazioni: 0686391386 o 3337831426

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO DEL NODULO TIROIDEO INDETERMINATO (TIR 3)

Alla luce delle più recenti scoperte scientifiche è possibile valutare in modo adeguato il rischio di malignità di un nodulo tiroideo indeterminato (TIR3).
Presso il GMF Medical Center di Roma, grazie alla partnership con EndocrinologiaOggi, è oggi possibile usufruire di alcuni pacchetti modulari che permettono la valutazione del rischio del nodulo tiroideo indeterminato, con le metodiche più avanzate attualmente disponibili a livello mondiale.

INTRODUZIONE

E’ oramai riconosciuto che l’agoaspirato tiroideo sia la metodica che consente, nella maggior parte dei casi, una diagnosi certa circa la natura (benigna o maligna) del nodulo tiroideo. Tuttavia, nel circa 20% dei casi, l’agoaspirato non permette questa distinzione. E’ il caso dei noduli con citologia indeterminata (TIR3A o TIR3B secondo la classificazione SIAPEC 2014) in cui le cellule presenti nel nodulo benigno sono indistinguibili da quelle riscontrabili in quello maligno. In questi noduli “indeterminati” solo l’asportazione del nodulo e del tessuto circostante (quindi mediante un vero e proprio intervento chirurgico) permette la diagnosi definitiva sulla natura del nodulo tiroideo (esame istologico). Prenota un agoaspirato tiroideo con un endocrinologo a Roma.
Pertanto, per questi noduli, le linee guida attuali indicano uno stretto follow-up (nei TIR3A) o l’asportazione chirurgica della tiroide (TIR3B) come unico modo per accertarsi della presenza o meno, di un tumore.
Sfortunatamente, le statistiche post-operatorie e la letteratura scientifica, evidenziano chiaramente che, ad intervento eseguito, solo il 20% dei noduli indeterminati operati risulterà maligno e ben l’80% di questi risulterà essere benigno. In sostanza, attualmente, l’80% dei pazienti con questi noduli si sottopone ad un intervento chirurgico di tiroidectomia “inutilmente”, perché il nodulo, alla fine, si scoprirà essere benigno.
In molti casi, pertanto, per ottenere una diagnosi si deve ricorre ad un over-treatment.

OBIETTIVO E METODICHE

La sfida più difficile per l’endocrinologo, pertanto, è cercare di ridurre al massimo il numero di interventi chirurgici inutili.
Infatti, negli anni, la ricerca scientifica ha avuto come obiettivo quello di ridurre il numero di interventi chirurgici per noduli benigni. E per questo, sono state sviluppate diverse metodiche diagnostiche (per dettagli e approfondimenti su ciascuna di queste si rimanda ai gli specifici articoli). Si tratta di: nuove classificazioni citologiche (SIAPEC 2014), nuove tecniche bioptiche (Core Needle Biopsy), nuove metodiche ecografiche (elastosonografia), markers immunoistochimici (galectina-3, HBME-1, citocheratina 19) o di genetica molecolare (BRAF, ThyroSeq, Afirma). Tutte queste metodiche hanno dei limiti (di natura diversa), ma tutte hanno una potenziale utilità nella diagnostica del nodulo TIR3; alcune maggiori, altre minori.
Molte di queste metodiche, quelle ritenute più valide, sono attualmente eseguibili presso il centro GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi di Roma.
Partendo da questi avanzamenti scientifici e dall’esperienza clinica quotidiana, presso il centro sono stato sviluppati dei pacchetti modulari di prestazioni che permettono la stratificazione del rischio dei noduli tiroidei indeterminati (TIR3). A seconda delle metodiche impiegate, che hanno costi e caratteristiche diverse, è possibile ottenere una valutazione del rischio di malignità di basale, fino alla più completa ed avanzata stratificazione attualmente disponibile su questo tipo di noduli (TIR3), addirittura a livello mondiale.

CONSIDERAZIONI

Prima di entrare nel dettaglio della stratificazione del rischio, sono necessarie alcune considerazioni.

  • La certezza assoluta pre-operatoria (intendo il 100%) di benignità di un nodulo tiroideo non può darla nessuno, nemmeno le più avanzate tecniche scientifiche. Bisogna diffidare da chi garantisce certezze in merito. In medicina il 100% non esiste. Non esiste per i noduli TIR2 (benigni), che sono benigni al 98%, figuriamoci per i noduli TIR3 (indeterminati).
  • Pertanto, se il 100% non è raggiungibile, l’obiettivo è cercare di arrivarci il più vicino possibile, attraverso la stratificazione del rischio di malignità un nodulo. Ciascuna delle varie metodiche attualmente disponibili è in grado di stimare il rischio di malignità di un nodulo con percentuali diverse. L’impiego combinato di più metodiche è in grado di far raggiungere percentuali prossime al 100%.
  • Al di là dei numeri e delle percentuali, va tenuto in considerazione anche il lato emotivo del paziente. Esistono alcuni pazienti che, pur volendo evitare con forza l’intervento chirurgico, sono emotivamente incapaci di tollerare anche la minima incertezza sulla possibile natura maligna di un nodulo TIR3 (ripeto il 100% di benignità non esiste). In questi casi è preferibile invece procedere con l’intervento chirurgico.
  • La scelta definitiva sul da farsi è sempre il frutto di un’attenta valutazione di molteplici aspetti clinici, strumentali, laboratoristici e genetici che deve avvenire in aperta condivisione con il paziente. La scelta finale, talvolta suggerita, è sempre concordata con il paziente a cui spetta la scelta definitiva.
  • Una considerazione che spesso ripeto ai miei pazienti è che l’equazione nodulo TIR3 = intervento chirurgico non è sempre vera. Infatti, oltre alla distinzione tra TIR3A e TIR3B) bisogna distinguere anche tra TIR3 e TIR3, in quanto i noduli indeterminati non sono tutti uguali. Questa distinzione può essere effettuata mediante la stratificazione del rischio.
  • Una volta accettata l’impossibilità del 100% di benignità, bisogna procedere nella scelta delle metodiche migliori da impiegare nella stratificazione del rischio del nodulo tiroideo indeterminato. Seguono quelle più importanti, utilizzabili nel centro EndocrinologiaOggi di Roma.

STRATIFICAZIONE ECOGRAFICA

L’esame ecografico ha un ruolo fondamentale nella diagnostica del nodulo tiroideo indeterminato (TIR3). Innanzitutto, è importante che venga eseguito da un ecografista dedicato alla patologia tiroidea, meglio ancora se endocrinologo (leggi perché).
L’importanza dell’ecografia risiede nel fatto che un nodulo indeterminato, se ecograficamente “sospetto”, merita un’attenzione maggiore rispetto ad un nodulo TIR3 che non presenta caratteristiche ecografiche di franca malignità (leggere caso clinico 2). A volte il criterio di sospetto può avere un peso davvero importante nella scelta finale.
A livello mondiale esistono diversi sistemi classificativi di stratificazione del rischio (TIRADS, EU-TIRADS, AACE/AME 2016) con diverse performance diagnostiche. Nell’attesa che queste varie classificazioni vengano finalmente unificate, è fondamentale che ne venga usata almeno una.
La classificazione AACE/AME 2016 è quella attualmente impiegata presso il centro GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi di Roma, in cui è possibile eseguire una rivalutazione ecografica con uno specialista endocrinologo ed ottenere una stratificazione del rischio ecografico del nodulo indeterminato. Prenota un’ ecografia tiroidea con un endocrinologo a Roma.

CITOLOGIA DEDICATA

Anche in questo caso l’esame citologico deve essere eseguito da un anatomo-patologo esperto e dedicato alla patologia tiroidea e che usi la classificazione SIAPEC 2014. Questa distingue tra TIR 3A (lesione follicolare a basso rischio di malignità (circa il 5-15%) e TIR 3B (proliferazione follicolare o sospetta neoplasia follicolare a elevato rischio di malignità (circa 20-30%).
Con la premessa che è fondamentale usare questo tipo di classificazione, è importante rivalutare e pesare bene le parole che, in un referto citologico, accompagnano la sigla TIR3 (A o B). Infatti, in alcuni casi la descrizione citologica TIR3 può riportare di segni che possono indirizzare verso un maggior rischio di malignità (come la presenza di incisure nucleari o di grooves) che pongono quel nodulo indeterminato a maggior rischio di malignità rispetto ad altri privi di queste caratteristiche.
Presso il centro EndocrinologiaOggi di Roma è presente un servizio di citologia dedicata, strettamente integrato con il servizio di ecografia tiroidea. Ciò garantisce un referto citologico descrittivo e di elevata qualità diagnostica. Prenota un agoaspirato tiroideo con un endocrinologo a Roma.
E’ possibile eseguire sia un nuovo agoaspirato che rivalutare i vetrini di precedenti agoaspirati tiroidei eseguiti in passato.

IMMUNOISTOCHIMICA

Sulle cellule prelevate mediante agoaspirato è possibile valutare anche alcuni markers di immunoistochimica che in letteratura sono riportati associarsi a neoplasie della tiroide (galectina-3, HBME-1).
Presso il centro GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi di Roma è possibile eseguire la ricerca di tali markers.
Per questo tipo di analisi, potrebbero non andare bene i vecchi vetrini ma potrebbe essere necessario ripetere un nuovo agoaspirato per prelevare nuovo materiale citologico da analizzare con l’immunoistochimica. Prenota un agoaspirato tiroideo con un endocrinologo a Roma.

GENETICA MOLECOLARE

Nell’oncologia tiroidea sono ben descritte mutazioni e riarrangiamenti genetici di BRAF, RET/PCT, PAX8/PPR-gamma, RET). Purtroppo, prese singolarmente, queste alterazioni geniche non sono sufficientemente adeguate nella diagnostica del nodulo tiroideo indeterminato (TIR3).
La mutazione più nota (BRAF) si riscontra nel 45% dei tumori papillari della tiroide e può essere analizzata presso EndocrinologiaOggi mediante un semplice agoaspirato. Tuttavia, la frequenza di riscontro di questa mutazione nei noduli indeterminati è molto bassa (meno del 20%) ed ha un’utilità solo in caso di riscontro di positività della stessa. Prenota un agoaspirato tiroideo per analisi BRAF a Roma.
Tuttavia, attualmente sono disponibili altre metodiche di genetica molecolare più complete ed avanzate. Tra queste, Afirma, prodotta da Veracyte, San Francisco (U.S.A.), rappresenta quella in grado di determinare, con più elevata affidabilità, prima dell’intervento chirurgico, se un nodulo indeterminato TIR3 è benigno. Sviluppata negli Stati Uniti si è poi diffusa in altre nazioni (Canada, Israele, Emirati Arabi Uniti, Germania). GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi rappresenta il primo centro in Italia in cui è possibile utilizzare la diagnostica Afirma per la stratificazione dei noduli tiroidei indeterminati.
Afirma ha un valore predittivo negativo del 96%. In sostanza, se un nodulo risulta benigno con Afirma è quasi certo (probabilità > 96%) che questo lo sia realmente, e quindi non deve essere sottoposto ad intervento chirurgico ma deve essere considerato come un nodulo benigno della citologia tradizionale (TIR2).
Afirma non è un semplice test genetico ma un vero test di espressione genica in quanto valuta i profili di espressione genica di un numero elevatissimo di geni, misurandone contemporaneamente i livelli di RNA. La capacità diagnostica di Afirma, è stata negli anni ulteriormente potenziata con implementazioni tecniche che hanno dato origine a: Afirma-GSC (Gene Sequencing Classifier) e Afirma-GSC-XAtlas in cui vengono elencate tutte le alterazioni genetiche riscontrate nel campione, con specificato il rischio di malignità ad esse associate secondo quanto riportato dalla letteratura scientifica. Prenota afirma a Roma.
Afirma rappresenta indubbiamente la metodica più avanzata attualmente disponibile a livello mondiale per la diagnostica pre-operatoria dei noduli tiroidei indeterminati (TIR3).
Con la profilazione genica Afirma è in grado di stratificare biologicamente il rischio di neoplasia di un nodulo tiroideo indeterminato e di selezionare i pazienti che sono a bassissimo rischio (<4%) di avere un tumore. Si tratta, pertanto, del più importante test di esclusione (“rule-out”) attualmente disponibile. Se un nodulo risulta benigno con Afirma, si può praticamente escludere la malignità e, quindi, evitare l’intervento chirurgico.
Per eseguire Afirma è necessario ripetere un agoaspirato per prelevare il materiale da analizzare.

PACCHETTI VALUTAZIONE RISCHIO NODULO TIROIDEO INDETERMINATO (TIR3):

Il paziente con nodulo indeterminato TIR3 può richiedere di eseguire presso GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi un “Pacchetto per la valutazione del rischio del nodulo tiroideo TIR3”.
Sono attualmente disponibili diversi tipi di pacchetti di valutazione, con costi variabili, che consentono uno spettro di valutazioni, da quella basale a quella più avanzata e completa.

Pacchetto REVISIONE

Il paziente viene sottoposto ad ecografia tiroidea con stratificazione del rischio ecografico di malignità (con categoria di rischio AACE/AME 2016) e, senza dover ripetere l’agoaspirato, reca in visione i vetrini del pregresso agoaspirato per una revisione citologica da parte di un citologo esperto e dedicato alla patologia tiroidea.
Verrà concordato un nuovo appuntamento per una visita endocrinologica dopo qualche giorno per le conclusioni finali alla luce dei dati clinici, ecografici e della revisione citologica.
Costo 270 €

Pacchetto CITOLOGIA

Il paziente viene sottoposto ad ecografia tiroidea con stratificazione del rischio ecografico di malignità (con categoria di rischio AACE/AME 2016) e ripete contestualmente un agoaspirato del nodulo, che verrà valutato da un citologo esperto e dedicato alla patologia tiroidea.
Verrà concordato un nuovo appuntamento dopo qualche giorno, per una visita endocrinologica in cui si trarranno le conclusioni finali alla luce dei dati clinici, ecografici e citologici con la definizione finale del rischio di malignità.
Costo 350 €

Pacchetto IMMUNOISTOCHIMICA

Il paziente viene sottoposto ad ecografia tiroidea con stratificazione del rischio ecografico di malignità (con categoria di rischio AACE/AME 2016) e ripete contestualmente un agoaspirato del nodulo, che verrà valutato da un citologo esperto e dedicato alla patologia tiroidea. Sul campione citologico verrà eseguita anche la valutazione immunoistochimica per galectina-3 e HBME-1.
Si concorderà un nuovo appuntamento dopo qualche giorno, per una visita endocrinologica in cui si trarranno le conclusioni finali alla luce dei dati clinici, ecografici, citologici ed immunoistochimici con la definizione finale del rischio di malignità.
Costo 420 €

Pacchetto BRAF

Il paziente viene sottoposto ad ecografia tiroidea con stratificazione del rischio ecografico di malignità (con categoria di rischio AACE/AME 2016) e ripete contestualmente un agoaspirato del nodulo. Sul campione prelevato verrà eseguita la ricerca della mutazione BRAF.
Verrà concordato un nuovo appuntamento dopo qualche giorno, per una visita endocrinologica in cui si trarranno le conclusioni finali alla luce dei dati clinici, ecografici, citologici e mutazionali del BRAF, con la definizione finale del rischio di malignità.
Costo 400 €

Pacchetto AFIRMA

Il paziente viene sottoposto ad ecografia tiroidea con stratificazione del rischio ecografico di malignità (con categoria di rischio AACE/AME 2016) e ripete contestualmente un agoaspirato del nodulo. Sul campione prelevato verrà eseguita l’analisi di profilazione genica più completa ed avanzata attualmente disponibile a livello mondiale (AFIRMA GSC-X ATLAS). Questo pacchetto comprende, ovviamente, anche l’analisi del BRAF.
Verrà concordato un nuovo appuntamento dopo circa 15 giorni, per una visita endocrinologica in cui si trarranno le conclusioni finali alla luce dei dati clinici, ecografici, citologici e di genetica molecolare avanzata (AFIRMA), con la definizione finale del rischio di malignità.
Costo 2600 €

Tutte le precedenti prestazioni e pacchetti sono eseguibili nel centro GMF Medical Center – EndocrinologiaOggi di Roma previa prenotazione, telefonica o on line.

 

Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio

GMF Medical Center
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
cell 3337831426

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ACCRESCIMENTO E DISTURBI DELLA CRESCITA

L’accrescimento corporeo può avere un decorso normale o può andare in contro ad alcune problematiche. Per accresciemento corporeo si intende un processo che inizia sin dal momento del concepimento, prosegue negli anni e solitamente si conclude con la maturazione sessuale. Durante il primo anno di vita la crescita è molto rapida, con un aumento staturale di circa la metà rispetto all’altezza al momento della nascita. Durante il secondo anno, invece, la velocità di crescita rallenta (circa 1 cm/mese) per poi stabilizzarsi, dopo il secondo anno e per tutto il periodo prepuberale, ad una velocità di circa 5 cm l’anno. Nel periodo che precede immediatamente la prepubertà vi è un nuovo rallentamento ma, raggiunti i 10-14 anni, si assiste ad un netto incremento della velocità di crescita (9-10 cm/anno), determinando il massimo incremento accrescitivo puberale demoninato Growth Spurt. Questo dura all’incirca 2 anni e consente un incremento in altezza di circa 18 cm nella femmina e di fino a 20-25 cm nel maschio. Il Growth Spurt si verifica con un certo anticipo nella donna, rispetto al maschio, e ciò spiega la differenza di altezza finale tra i due sessi in quanto i maschi accelerano la loro crescita partendo da una statura di circa 10 cm superiore.
I fattori che possono influenzare la crescita corporea sono molteplici, con ruoli diversi nelle diverse fasi dello sviluppo corporeo.
Durante la vita fetale la crescita è influenzata soprattutto da fattori genetici, dal grado di nutrizione e di ossigenazione del feto; inoltre, durante lo stesso periodo sono fondamentali anche alcuni ormoni come, ad esempio, il lattogeno placentare (HPL) e l’insulina. Nel periodo postnatale, invece, hanno un ruolo fondamentale l’ormone della crescita (GH) e gli ormoni tiroidei anche se altri ormoni, come l’insulina e i glucocorticoidi possono, in qualche modo, influenzare il processo di accrescimento. Anche gli ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni) rivestono un ruolo fondamentale in quanto sono coinvolti sia nella crescita corporea (soprattutto nel Growth Spurt) che nella maturazione ossea. Gli ormoni sessuali, però, hanno un doppio effetto sulla crescita; infatti se da un lato accelerano la maturazione muscoloscheletrica dall’altra, favorendo la saldatura delle cartilagini di accrescimento, determinano l’arresto del processo accrescitivo. (Prenota una visita auxologica).
Per cui si può passare dalla condizione di gigantismo a quella opposta, e più frequente, di bassa statura.
Nel primo caso le elevate dimensioni possono essere secondarie ad una condizione di ipernutrizione verificatasi durante la gravidanza (macrosomia) (come avviene nelle donne diabetiche), ad una condizione non patologica come l’alta statura costituzionale o ad una condizione patologica coma il gigantismo ipofisario dovuto ad un eccesso di produzione dell’ormone della crescita. (Prenota una visita auxologica).
Nel caso delle basse stature, invece, la maggior parte dei casi è rappresentata da “condizioni non patologiche” del processo di crescita ovvero dalla bassa statura familiare e dal ritardo costituzionale di crescita. Esistono, però, altre condizioni patologiche legate ad alterazioni cromosomiche (basse stature sindromiche), ad alterazioni ossee (osteocondrodistrofie) o alla presenza di malattie croniche che influenzano il processo accrescitivo (ritardo di crescita intrauterina, morbo celiaco, malattie intestinali croniche, insufficienza epatica o renale, thalassemia maior). Fanno parte delle basse stature patologiche, inoltre, anche molte patologie endocrine come l’ipotiroidismo, la sindrome di Cushing, lo pseudoipoparatiroidismo, il diabete, e la pubertà precoce. Tra le patologie endocrine va ricordato, infine, il deficit dell’ormone della crescita; in questo caso vi è una mancanza, parziale o totale, di questo ormone che fa si che non si raggiunga l’altezza bersaglio. Inoltre può succedere, anche se in casi molto più rari, che l’ormone della crescita venga si prodotto in quantità normale, ma che non riesca ad agire sui tessuti bersaglio e pertanto è come se non ci fosse (nanismo di Laron). (Prenota una visita auxologica).
In ultimo va ricordato che l’ormone della crescita è prodotto prevalentemente durante il sonno notturno e pertanto, tutte quelle condizioni che impediscono al bambino un adeguato sonno notturno, possono esitare in una bassa statura patologica (nanismo psicosociale o sindrome del bambino percosso).

Prenota una visita auxologica con un esperto del settore a Roma.

Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio

GMF Medical Center
viale Somalia 33A, Roma
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CELLULE STAMINALI DERIVATE DA TESSUTO ADIPOSO NEL TRATTAMENTO DELL’ARTROSI

L’artrosi è una malattia degenerativa cronica a carattere evolutivo che colpisce la cartilagine articolare e che, con il tempo, porta progressivamente ad usura fino alla completa distruzione della cartilagine stessa. Le articolazioni più frequentemente colpite dall’artrosi sono l’anca, il ginocchio, la spalla, la colonna vertebrale e la mano. Meno frequentemente vengono colpite altre articolazioni come il gomito, il polso, la caviglia e il piede. L’artrosi causa attrito tra i capi articolari ossei e grave infiammazione dell’articolazione, con conseguente dolore, gonfiore e rumori articolari, e limitazione funzionale anche molto gravi, fino alla zoppia ed all’impossibilità di camminare senza ausili qualora l’artrosi colpisce l’arto inferiore.

Come ben noto, il problema più grande dell’artrosi è che essa è una malattia cronica progressiva che porta nel tempo ad inesorabile scomparsa della cartilagine articolare e necessità della sostituzione protesica dell’articolazione colpita. Ad oggi nessun trattamento, conservativo o chirurgico, si è dimostrato capace di cambiare il decorso naturale dell’artrosi che come detto porta al consumo progressivo della cartilagine: opzioni come il debridement artroscopico (la “pulizia artroscopica” dell’articolazione), le iniezioni di acido ialuronico con o senza cortisone, e le iniezioni di plasma ricco di piastrine (PRP) portano soltanto a miglioramenti clinici parziali e limitati nel tempo ma non hanno dimostrato nessuna capacità rigenerativa della cartilagine. In altre parole, nessuno dei suddetti trattamenti blocca l’artrosi e determina ricrescita della cartilagine consumata.

L’utilizzo delle cellule staminali derivanti dal midollo osseo nella rigenerazione dei tessuti è ben noto ormai da molti anni, e viene utilizzato quotidianamente in molte branche della medicina e della chirurgia. Ma solo negli ultimi è stato scoperto che il tessuto adiposo, soprattutto quello addominale ma non solo, è molto più ricco di cellule staminali del midollo osseo. Il prelievo delle cellule staminali dal tessuto adiposo è molto semplice, assolutamente non invasivo né doloroso, e consente di ottenere un numero elevatissimo di cellule staminali. Inoltre, a differenza del midollo osseo, la quantità di cellule staminali all’interno del tessuto adiposo non è strettamente correlato con l’età del paziente. Recentemente quindi le cellule staminali derivate dal tessuto adiposo sono state introdotte nella pratica clinica ortopedica ed utilizzate per la rigenerazione della cartilagine nei pazienti con artrosi. Inoltre, il tessuto adiposo che contiene le cellule staminali e che viene iniettato in articolazione, ha una notevole capacità lubrificante, molto maggiore di quella dell’acido ialuronico, tale da consentire un miglioramento immediato e imponente del dolore e di tutti i sintomi del paziente affetto da artrosi. (Prenota una visita ortopedica).

Già numerosi studi pubblicati recentemente su importanti riviste scientifiche Internazionali, hanno ampiamente dimostrato come il prelievo e l’impianto in articolazione delle cellule staminali derivate da tessuto adiposo autologo (cioè del paziente stesso) rappresenta un trattamento sicuro ed assolutamente privo di rischi che porta ad un notevole (e in alcuni casi definitivo) miglioramento dei sintomi dei pazienti con artrosi, non solo grazie all’effetto lubrificante del tessuto grasso, ma anche e soprattutto grazie a vari gradi di rigenerazione del tessuto cartilagineo! Ed è questo ovviamente il dato più importante di questi studi, cioè l’aver dimostrato che le cellule staminali derivate dal tessuto adiposo sono potenzialmente in grado di bloccare il processo artrosico e consentire la “ricrescita” della cartilagine. Ovviamente questi risultati possono consentire al paziente di evitare di eseguire infiltrazioni per tutta la vita ma soprattutto di evitare di essere sottoposti all’intervento di protesi!

La procedura di prelievo ed impianto delle cellule staminali derivate dal tessuto adiposo è molto semplice, può essere eseguita in anestesia locale o in leggera sedazione in qualsiasi ambulatorio chirurgico attrezzato o anche in sala operatoria, e non necessita di ricovero da parte del paziente. Può essere eseguita per qualsiasi articolazione e anche contemporaneamente per due o più articolazioni. Ovviamente, le sedi dove più comunemente viene eseguita sono il ginocchio, l’anca e la spalla, anche bilateralmente. Nel caso poi del ginocchio e della spalla, tale procedura può essere tranquillamente associata, nello stesso tempo, ad artroscopia per “pulire” l’articolazione preparandola meglio all’innesto delle cellule staminali, e per trattare eventuali lesioni meniscali e/o legamentose che quasi sempre si associano all’artrosi. Il tutto avviene sempre in giornata, senza bisogno di mandare le cellule staminali in coltura per la loro moltiplicazione, e senza bisogno di ricoverare il paziente (al massimo è necessario un Day-Hospital nel caso in cui si decida di associare anche la pulizia artroscopica che io consiglio sempre in tutti i miei pazienti, soprattutto nel caso del ginocchio e della spalla e soprattutto quando il trattamento coinvolge due o più articolazioni).

Come detto, la procedura è molto semplice e sicura ed avviene in anestesia locale o in leggera sedazione. Ovviamente, sia la zona del prelievo di grasso che quella/e del successivo impianto vengono accuratamente sterilizzate. Attraverso un’incisione puntiforme di non più di 3 millimetri (tale da non necessitare alla fine nemmeno di punti di sutura), si esegue l’infiltrazione nel tessuto adiposo (quasi sempre addominale) di una soluzione di semplice fisiologica e anestetico tale da preparare la zona per il successivo prelievo di grasso (Fig. 1). Dopo 5 minuti attraverso la stessa incisione puntiforme, si procede al prelievo del tessuto adiposo attraverso semplice e rapida (pochi minuti) liposuzione (Fig. 2). Vengono generalmente prelevati circa 40-60ml di grasso, ma d’accordo con il paziente se ne possono prelevare anche di più soprattutto quando la procedura è bilaterale o coinvolge più articolazioni. Il tessuto adiposo prelevato viene micro-frammentato in pochi minuti (per separarlo da eventuali gocce di sangue e/o anestetico precedentemente iniettato) con un apposito strumento (Fig. 3),  e viene così iniettato nell’articolazione o nelle articolazioni colpite dall’artrosi (Fig. 4). Il tutto avviene come detto in non più di 15 minuti, salvo nei pazienti sottoposti anche ad artroscopia in cui ovviamente l’intera procedura dura qualche minuto di più.

Il paziente a questo punto viene medicato, come detto senza necessità di punti di sutura, e dimesso in giornata. Dopo una settimana si eseguono il controllo clinico e la medicazione in ambulatorio. Durante questa settimana il paziente può deambulare tranquillamente senza stampelle o tutori, e può tranquillamente guidare, anche nel caso venga effettuata l’artroscopia. Generalmente, non è necessaria fisioterapia dopo questa procedura, ed il paziente può tornare rapidamente alle sue attività sportive e lavorative dopo pochi giorni dal trattamento. (Prenota una visita ortopedica).

 

Dott. Michele Vasso

Specialista in Ortopedia

GMF Medical Center, Viale Somalia 33A, 00199 Roma

Per ulteriori info o prenotazioni: 0686391386 o 3337831426

TRATTAMENTO PRE-PROTESI DELL’ARTROSI: ACIDO IALURONICO, PRP O CELLULE STAMINALI?

Qual è il migliore trattamento per l’artrosi prima dell’impianto di una protesi: Acido Ialuronico, PRP o Cellule Staminali ?

Introduzione

L’artrosi è una malattia degenerativa cronica a carattere evolutivo che origina inizialmente dalla cartilagine articolare ma che, con il tempo, finisce con il coinvolgere anche gli altri componenti dell’articolazione come osso e legamenti. In questa patologia, la cartilagine articolare va incontro progressivamente ad usura fino alla completa distruzione e scomparsa: in assenza di cartilagine, i capi articolari ossei finiscono per creare attrito tra di loro con conseguente dolore, gonfiore e limitazione funzionale anche molto gravi. Le articolazioni più frequentemente colpite dall’artrosi sono l’anca, il ginocchio, la spalla, la colonna vertebrale e la mano. Meno frequentemente vengono coinvolte altre articolazioni come il gomito, il polso, la caviglia e il piede. Essendo l’artrosi una patologia da consumo della cartilagine, colpisce ovviamente i soggetti più avanti con l’età (60-80 anni), ma non sono rari i casi in cui l’artrosi colpisce anche soggetti più giovani (40-60 anni).
Indipendentemente dalla regione colpita, l’artrosi può essere primitiva, senza cioè nessuna causa apparente (90% dei casi), o secondaria a diversi processi patologici come deformità articolari congenite o acquisite, traumi, malattie sistemiche croniche, infezioni, obesità (10% dei casi). In particolare l’obesità, nell’artrosi dell’arto inferiore (anca, ginocchio, caviglia, piede) sovraccarica la cartilagine articolare e ne causa il graduale consumo fino, come detto, alla completa distruzione. L’artrosi non è una malattia genetica, pur presentando comunque una certa familiarità in quanto tende a colpire più soggetti insieme all’interno di una stessa famiglia (potremmo definirla una malattia non genetica ma familiare).
I sintomi caratteristici dell’artrosi dipendono ovviamente dalla localizzazione dell’artrosi stessa ma quelli comuni a tutte le forme di artrosi sono il dolore, l’arrossamento, il gonfiore con versamento articolare, la limitazione funzionale e, nelle forme più gravi, la deformità articolare (artrosi deformante). Nell’artrosi poi dell’arto inferiore (anca e ginocchio soprattutto) avremo la zoppia, la difficoltà nel salire e scendere le scale, la assoluta necessità di ausili tipo bastone o stampelle, fino alla completa impossibilità a camminare. La diagnosi di artrosi è molto semplice e si basa su un’approfondita storia clinica, su una visita ortopedica accurata, e su un semplice esame radiografico (sotto-carico nel caso di sospetta artrosi dell’arto inferiore). In alcuni casi, sono necessari ulteriori esami diagnostici quali risonanza magnetica e/o Tac. Prenota una visita ortopedica.
Il trattamento dell’artrosi si avvale modernamente di numerose tecniche chirurgiche e non chirurgiche. Ovviamente il tipo di trattamento deve essere individualizzato per ogni paziente e dipende sia dal paziente stesso che dalla gravità del processo artrosico. A parte l’utilizzo di farmaci antinfiammatori e fisiochinesiterapia che hanno solamente lo scopo di ridurre il dolore e il gonfiore a carico dell’articolazione colpita, come dicevamo esistono modernamente numerose opzioni terapeutiche per il trattamento dell’artrosi, che vanno dalle infiltrazioni articolari (prenota un’infiltrazione) fino alla sostituzione protesica dell’articolazione colpita. Ribadiamo il concetto che l’utilizzo o di una opzione terapeutica anziché di un’altra dipende fondamentalmente dal tipo di paziente e dalla gravità dell’artrosi. Qui descriveremo quelle che sono le opzioni più moderne di trattamento non-sostitutivo dell’artrosi, quelle tecniche cioè che si possono e si devono utilizzare prima di un intervento maggiore di sostituzione dell’articolazione colpita con una protesi.

Infiltrazioni articolari di Acido Ialuronico

L’acido ialuronico è il componente principale della cartilagine articolare, pertanto è una sostanza che già si trova all’interno dell’articolazione artrosica seppur in misura ridotta per via del processo patologico. Quindi le infiltrazioni articolari di acido ialuronico sono assolutamente sicure e scevre da rischi. L’acido ialuronico presenta una particolare consistenza viscosa che lo rende un’ottima sostanza lubrificante dell’articolazione. Presenta inoltre una seppur minima capacità di nutrimento della cartilagine ancora sana, e una modesta capacità antinfiammatoria. Quest’ultima capacità antinfiammatoria può essere amplificata dall’utilizzo contemporaneo di cortisone che infatti viene spesso associato alle infiltrazioni di acido ialuronico. Ovviamente l’acido ialuronico non ha nessuna capacità rigenerativa della cartilagine articolare avendo un’azione prevalentemente meccanica di lubrificazione della cartilagine. In ogni caso, riduce significativamente l’evoluzione dell’artrosi che come detto è una patologia degenerativa cronica.
Esistono in commercio numerose formulazioni di acido ialuronico, che si distinguono tra di loro soprattutto per il peso molecolare dell’acido ialuronico stesso. Ovviamente un acido ialuronico a più alto peso molecolare tende a rimanere all’interno dell’articolazione per più tempo prima di essere espulso, fino anche a sei mesi. Proprio per questo motivo, è necessario che le infiltrazioni di acido ialuronico vengano continuamente ripetute nel tempo (almeno un ciclo all’anno). Il trattamento infiltrativo con acido ialuronico è riservato ai casi meno gravi di artrosi, quindi nei primi stadi della malattia quando la cartilagine articolare non è ancora in grave condizioni di usura (condropatia). È inoltre indicato nei soggetti molto giovani e attivi per rimandare un eventuale trattamento chirurgico di sostituzione protesica, o nei soggetti molto anziani che non vogliono e/o non possono sottoporsi all’intervento di protesi.

Infiltrazioni di Fattori di Crescita derivanti dalle Piastrine (PRP)

Le infiltrazioni di plasma ricco di fattori di crescita derivanti dalle piastrine (dall’acronimo inglese PRP: “platelet rich plasma”) sono state solo recentemente introdotte nella pratica clinica per il trattamento delle patologie della cartilagine articolare e dell’artrosi (seppur si usassero già da diversi anni anche in altri campi dell’ortopedia e della chirurgia in generale). Poste le dovute precauzioni, è un trattamento assolutamente semplice e sicuro, che può essere effettuato anche in regime ambulatoriale.
Viene eseguito un semplice prelievo di sangue venoso al paziente. Questo sangue viene poi centrifugato (con un apparecchio apposito ed in pochi minuti) per la separazione del plasma ricco di piastrine dalle altre componenti del sangue. Il plasma così ottenuto, di colore tipicamente giallognolo e, come detto, molto ricco di piastrine, viene quindi infiltrato nell’articolazione colpita dall’artrosi. Le piastrine sono notoriamente ricche di fattori di crescita, e questi fattori di crescita hanno il compito di stimolare le cellule cartilaginee a rigenerarsi. Inoltre, questo plasma ha una potente attività antinfiammatoria che determina un effetto benefico immediato in termini di riduzione del dolore e del gonfiore. Generalmente, sono necessari almeno tre trattamenti con PRP nella stessa articolazione.
Gli effetti ottenuti dalle infiltrazioni articolari di PRP in termini di rigenerazione della cartilagine sono stati lungamente studiati ed analizzati. La maggior parte degli studiosi sono d’accordo nell’affermare che il PRP non ha mostrato una potente attività rigenerativa della cartilagine, sebbene, come nel caso dell’acido ialuronico, possieda la capacità di rallentare il processo artrosico. Avendo comunque anche una potente azione antinfiammatoria e quindi antidolorifica, l’utilizzo del PRP viene modernamente riservato al trattamento degli stadi di artrosi e di usura della cartilagine articolare in cui l’acido ialuronico non ha ottenuto buoni risultati, e nei pazienti in cui l’utilizzo di un intervento di protesi non è ancora necessario e/o non è attuabile (vedi soggetti molto anziani con problemi di salute generale).

Innesto di Cellule Staminali Lipo-derivate

L’innesto articolare delle cellule staminali autologhe prelevate dal tessuto adiposo (generalmente dell’addome) del paziente stesso è sicuramente il trattamento più moderno e promettente delle patologie della cartilagine articolare e dell’artrosi, soprattutto nei pazienti in cui l’acido ialuronico e/o l’utilizzo del PRP sono risultati inefficaci. Le cellule staminali sono definite cellule pluri-potenti in quanto posso differenziarsi in diversi tipi di cellule relativamente al sito in cui vengono innestate. Qualora impiantate in articolazione, possono trasformarsi in cellule cartilaginee e quindi favorire la rigenerazione della cartilagine stessa. Recentemente è stato scoperto che il tessuto adiposo è molto più ricco di cellule staminali del midollo osseo. Inoltre il prelievo delle cellule staminali dal tessuto adiposo è molto semplice, assolutamente non invasivo e consente di ottenere un numero elevatissimo di cellule staminali che possono essere utilizzate per la rigenerazione cartilaginea. Infine, il tessuto adiposo che contiene le cellule staminali e che viene iniettato in articolazione, ha una notevole capacità lubrificante, molto maggiore di quella dell’acido ialuronico, tale da consentire un miglioramento immediato e imponente del dolore e della limitazione funzionale.
Questo trattamento di prelievo e innesto di cellule staminali lipo-derivate può essere eseguito in qualsiasi ambulatorio chirurgico in anestesia locale. Attraverso un’incisione puntiforme di non più di 3 millimetri e mediante liposuzione, si preleva, generalmente dall’addome, il tessuto adiposo che viene micro-frammentato (per separarlo da eventuali gocce di sangue e/o anestetico precedentemente iniettato) e successivamente iniettato nell’articolazione. Nella maggior parte dei pazienti comunque noi preferiamo associare anche un’artroscopia dell’articolazione colpita (molto spesso il ginocchio) grazie alla quale si trattano eventuali lesioni meniscali che frequentemente accompagnano un quadro artrosico, e si esegue una “pulizia” della cartilagine in modo da preparare anche meglio l’articolazione all’innesto delle cellule staminali. In questo caso il trattamento viene eseguito in regime di Day Hospital in anestesia loco-regionale. L’intera procedura (artroscopia, prelievo e innesto di cellule staminali) dura circa mezz’ora, con il paziente che torna a casa tranquillamente la sera dell’intervento stesso senza ausili e senza alcuna limitazione particolare. Come detto, il tessuto adiposo iniettato in articolazione presenta una enorme capacità lubrificante dell’articolazione tale da concedere un immediato effetto benefico di tipo meccanico, con risoluzione immediata del dolore e recupero del movimento articolare. Presenta inoltre un’alta concentrazione di cellule staminali che hanno lo scopo di “trasformarsi” in cellule cartilaginee per la rigenerazione appunto della cartilagine articolare. Quindi, non fattori di crescita del PRP che dovrebbero “risvegliare” le cellule cartilaginee danneggiate dall’artrosi, ma nuove cellule sane che sostituiscono, nel giro di qualche settimana/mese quelle malate.
Il trattamento viene utilizzato in Italia solo dal 2016 ma già sono stati pubblicati i primi risultati clinici e soprattutto istologici che confermano la reale capacità rigenerativa di questo vero e proprio trapianto di cellule staminali. Il trattamento con artroscopia e innesto di cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo è indicato in tutti i casi di artrosi di grado intermedio in cui ovviamente sia l’acido ialuronico ed il PRP sono risultati inefficaci. È un trattamento che viene poi indicato anche in presenza contemporanea, in soggetti giovani/adulti, di affezioni meniscali che possono essere brillantemente risolte con l’utilizzo dell’artroscopia. Può comunque essere tranquillamente utilizzato in tutti gli stadi dell’artrosi ed in tutti i pazienti prima dell’intervento di sostituzione protesica.

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Dott. Michele Vasso

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